
Il Veneto, e in particolare la provincia di Padova, devono fare i conti con una crescita improvvisa nel numero di focolai, sebbene tutti di modeste dimensioni.
La situazione a Padova e provincia
Per l’esattezza ce ne sarebbero sette, come ha comunicato l’ULSS 6 Euganea, precisando che tra il capoluogo e la provincia ci sarebbero circa 90 casi positivi.
Il primo mini focolaio in ordine cronologico è quello legato al funerale di alcuni giorni fa, al quale hanno partecipato circa 200 persone di nazionalità camerunense. Tra queste, 30 sono risultate positive al tampone.
Ma nelle ultime ore se ne sono creati altri: c’è quello del mercato agroalimentare di Padova, con almeno 12 positivi al COVID-19. L’SDA di Limena per ora conta 7 contagiati. In una stamperia di Padova i positivi con 10 con altri 8 casi correlati. In due case di riposo 6 anziani e 4 operatori hanno contratto il virus e in un centro estivo un bambino è risultato positivo.
Il parere degli esperti e la situazione in regione
Come riporta Fanpage, il direttore dell’ULSS 6 ha dichiarato che i mini focolai non rappresentano un imprevisto vero e proprio ma anche che “non erano attesi” per fine luglio.
“L’allarme deve essere massimo: il virus continua a circolare, anche se con un’intensità totalmente diversa da febbraio e marzo”, ha concluso il medico.
Ivana Simoncello, del dipartimento di prevenzione ha precisato: “Nella prima ondata i cluster erano perlopiù familiari, ora i focolai sono diversi. I contagi avvengono negli ambienti lavorativi e nei momenti di condivisione, come le cerimonie”.
Stando a quanto riporta il TG3 Veneto nel resto della regione la situazione è a “macchia di leopardo”. Due prostitute, una della Riviera del Brenta e l’altra della provincia di Vicenza, sono risultate positive e ricostruire i contatti avuti “appare difficile”.
A Verona il centro estivo “Gianni Rodari” è stato chiuso dopo l’accertata positività di una operatrice. Stesso discorso per un centro estivo di Sandrigo, in provincia di Vicenza, dove una persona si era infettata.
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